(In)stable coins

Stablecoins

Dopo il nuovo quadro normativo disegnato dagli USA sulle stablecoin si può prevedere un’adozione massiccia di questa nuova forma di moneta ed una crescita importante dell’industria delle stablecoin: d’altra parte il Genius Act (si veda il nostro approfondimento del 25 luglio 2025) aveva proprio questa intenzione.

Inevitabile che ci siano le polemiche oppure i campanelli d’allarme sollevati da più parti. Nell’articolo pubblicato il 1° settembre 2025 sul FT è un premio Nobel, Jean Tirole, a proporre una riflessione. Per comprenderla appieno un breve excursus sugli aggregati monetari è d’uopo:

• M0 (o base monetaria), che comprende la moneta legale, ossia le banconote e le monete metalliche che per legge devono essere accettate in pagamento, e le attività finanziarie convertibili in moneta legale rapidamente e senza costi, costituite da passività della banca centrale verso le banche (e, in certi paesi, anche verso altri soggetti) sostanzialmente riconducibili alle riserve che queste affidano alla prima;

• M1 (o liquidità primaria), che comprende le banconote e monete in circolazione (il circolante) e quindi una porzione di M0 come sopra definito, nonché le altre attività finanziarie che possono fungere da mezzo di pagamento, quali i depositi in conto corrente, bancari o postali, se trasferibili a vista mediante assegno, e i traveller’s cheque; non vengono fatte rientrare in questo aggregato le banconote e monete depositate, quindi non in circolazione, per evitare il doppio conteggio: una volta come banconote e monete, l’altra come depositi in conto corrente;

• M2 (o liquidità secondaria), che comprende M1 più tutte le altre attività finanziarie e depositi bancari o postali che, come la moneta, hanno elevata liquidità e valore certo rimborsabili con preavviso fino a 3 mesi e di quelli con scadenza fino a 2 anni;

• M3, che comprende M2 più tutte le altre attività finanziarie che come la moneta possono fungere da riserva di valore; si tratta essenzialmente dell’ammontare dei “pronti contro termine bancari”, delle obbligazioni e dei titoli di stato con scadenza a breve termine, delle quote dei “fondi comuni monetari”.

Queste attività finanziarie sono praticamente dei surrogati più o meno perfetti della moneta quindi teoricamente (ed anche praticamente) utilizzabili come garanzia per l’emissione di stablecoin. Un dollaro digitale (qualunque sia l’emittente) deve essere garantito da un dollaro fiat o dal corrispondente valore di uno degli aggregati M1, M2 o M3 (o una combinazione dei tre). 

Il Genius Act, tuttavia, non impone che le stablecoin debbano essere garantite solo dagli aggregati monetari che abbiamo elencato, ma possono essere garantite anche da altri attivi come ad esempio oro, materie prime o addirittura cripto-valute. Se un emittente di stablecoin può usare una moltitudine di strumenti finanziari per garantire la sua emissione, oltre agli aggregati monetari, cercherà di tenere un portafoglio di garanzia che gli rende il più possibile o – qualora si tratti di una banca (perché le banche possono in forza del Genius Act essere emittenti della propria stablecoin) – di far fruttare gli averi in deposito per esempio prestandoli.

Il timore del professor Tirole è quindi il classico deterioramento della garanzia. Se gli emittenti di stablecoin, per guadagnare, finiscono per detenere attivi sempre più rischiosi potrebbero sollevarsi dubbi sulla effettiva tenuta della garanzia tra i detentori della stablecoin innescando la classica corsa al rimborso in fiat, oppure la ancora più classica “corsa agli sportelli” nel momento in cui sia la garanzia bancaria ad essere messa in discussione.

Il rimedio ipotizzato dal premio Nobel per mitigare questo rischio è sempre lo stesso: vigilanza prudenziale sugli emittenti, che a parere suo viene esclusa a priori dato il conflitto di interessi che coinvolge molti membri dell’amministrazione e dell’establishment che dovrebbero imporre una svantaggiosa regolamentazione: svantaggiosa per loro stessi, si intende.

Il pericolo non appare imminente perché i titoli di stato americani hanno ancora dei buoni rendimenti dovendo finanziare un debito pubblico di proporzioni enormi e proprio per questo preoccupante. Ma in un futuro anche non molto prossimo potrebbe evidentemente palesarsi questo rischio che diventa difficile da gestire perché limitare la tipologia degli attivi da tenere in garanzia significa limitare il potenziale di guadagno per questo business che potrebbe diventare marginale e quindi inutile; d’altro canto, non porre delle restrizioni significa far proliferare questo nuovo settore fino a raggiungere dimensioni che diventano preoccupanti se accompagnate da livelli di rischio insostenibili.

Alla fine – come abbiamo spiegato nel nostro approfondimento del 18 luglio 2025 – alla base dello scoppio delle bolle finanziarie c’è sempre una componente di debito insostenibile. L’esempio dei sub-prime è eloquente: si è consentito – se non addirittura incentivato – il finanziamento per l’intero valore dell’asset da acquisire (dato a garanzia del prestito) portando la gran parte dei proprietari di immobili ad un indebitamento estremo cui non potevano far fronte in caso di crollo del prezzo degli immobili. Anzi si è fatto anche di molto peggio consentendo l’erogazione di ulteriori finanziamenti da destinarsi al consumo garantiti dall’incremento del valore degli immobili. Qui non è molto diverso: la stablecoin è, di fatto, un titolo di credito e quindi un debito per gli emittenti, garantito da asset che possono perdere una porzione significativa del loro valore rendendo problematico il rimborso della stablecoin. Quello che, per fortuna, manca è un meccanismo ricorsivo che porti i detentori di stablecoin ad utilizzarle per acquistare il paniere di asset usati a garanzia dell’emissione delle stablecoin stesse. Sperando che questo meccanismo non sia, in futuro, fornito dalla tokenizzazione.


Disclaimer

Il presente post esprime l’opinione personale dei collaboratori di Custodia Wealth Management che lo hanno redatto. Non si tratta di consigli o raccomandazioni di investimento, di consulenza personalizzata e non deve essere considerato come invito a svolgere transazioni su strumenti finanziari.